martedì 24 dicembre 2013

UN BACIO SOTTO IL VISCHIO

La villa illuminata, con un'allegra ghirlanda appesa alla porta d'ingresso, fu un invito irresistibile per il gruppo di cantori. I cinque giovani si affrettarono lungo il sentiero, che dalla via permetteva di raggiungere il portone, senza inzaccherarsi troppo con la neve. Qualcuno si era preoccupato di spazzare le grosse pietre dalla coltre bianca.
Bussarono e attesero. Una donna dall'aria allegra aprì l'uscio. Appena la videro i cantori cominciarono a cantare un allegro motivetto, accompagnato dalla allegra melodia di una cornamusa.
La donna sorrise ed emise uno squittio divertito nel sentire la canzone. Attese che terminassero e poi chiese un bis. "Adoro queste canzoncine", urlò garrula.
I cinque fecero un piccolo inchino di ringraziamento. Si cimentarono in un altro canto e, quando finirono, la donna fece cenno di andare avanti. Si misero d'impegno ed eseguirono un altro paio di canzoni, scegliendole tra le più gioiose del loro repertorio. La sola ragazza del gruppo propose un assolo, che provocò molta commozione da parte della donna alla porta. L’interno della casa era silenzioso, doveva essere sola. I giovani si guardarono poi cantarono un ultima canzone e si misero in attesa.
L'ascoltatrice applaudì alla fine dell'esibizione. "Venite dentro, qui fuori si congela", li invitò ad entrare la misteriosa donna, sorridendo e rabbrividendo.
Quelli non se lo fecero ripetere: capitava di rado che qualcuno li invitasse ad entrare in casa. La maggior parte delle volte coloro che aprivano la porta sopportavano a stento una canzone poi lanciavano loro una moneta e chiudevano la porta. Molti sbirciavano dalla finestra e facevano finta di non essere in casa. 
"Grazie. Fa piacere trovare qualcuno che apprezza ancora i bei vecchi canti natalizi", disse il ragazzo che reggeva la cornamusa, seguendola. Gli altri gli andarono dietro.

La casa era sfarzosa, illuminata da un grande lampadario e rallegrata da un abete addobbato che occupava un intero angolo del salone. La tavola era apparecchiata e dalla cucina proveniva un delizioso profumo di cibo. Tutto era pronto per una serata di festa.
"Accomodatevi sul divano mentre vi preparo uno zabaione. Vi serve qualcosa per scaldarvi. Ci vuole del coraggio per andarsene in giro con questo clima". La donna era una perfetta padrona di casa.
I cantori si accomodarono e allungarono le mani verso il camino acceso. Le dita erano pallide, come i loro volti. Dopo pochi minuti la donna tornò con un largo vassoio. "Ecco, per voi", disse appoggiandolo su un basso tavolo. 
Timidamente i giovani afferrarono le coppe e bevvero. "Grazie", disse quello di loro che sembrava dirigere il gruppo. Poi si guardò intorno, "Come mai da sola in questa sera così gioiosa e da trascorrere insieme alla famiglia?". 
La padrona della villa rise sorseggiando a sua volta una coppa di bevanda allo zabaione, "Non trascorrerò la serata da sola. Tra breve arriveranno i miei parenti, che abitano fuori città. Dovete aspettarli, così potranno ascoltare anche loro i vostri splendidi canti. Ne saranno deliziati".
I cantori annuirono e si scambiarono un altro sguardo d'intesa, ma la loro gentile ospite non se ne avvide. 
La pendola batté otto rintocchi. Dopo pochi secondi la porta di ingresso si aprì e nove persone fecero il loro ingresso ridendo. "Eccovi", li accolse la donna, andando loro incontro. "Ho una sorpresa per voi".
I cantanti scattarono in piedi e si inchinarono. "Questi simpatici ragazzi si esibiranno in un concerto di natale tutto per noi. Sarà un modo piacevole di iniziare i festeggiamenti", spiegò. Gli altri accolsero la notizia con un applauso e presero posto chi sul divano chi in tavola.
Il gruppo cominciò a cantare, accompagnato dalla musica della cornamusa. Andarono avanti per una mezz'ora. Ad ogni canzone erano accolti da uno scroscio di applausi e di apprezzamenti sulla loro abilità.
"Ed ora signori, il gran finale", disse il primo cantore, facendo un passo indietro e prendendo la mano della ragazza che era con loro.
La fanciulla fece un passo avanti e ripeté il suo assolo. Gli occhi dei presenti si riempirono di lacrime di commozione. Al termine fece una riverenza e tornò insieme agli altri. Il ragazzo che l’aveva presentata l’abbracciò e le sussurrò qualcosa all’orecchio, poi si scambiarono un veloce bacio a fior di labbra.
"Bravi, bravi", disse la donna applaudendo forte, imitata dagli altri.
Alcuni ospiti alzarono i calici in direzione del gruppo e urlarono "Alla salute".
I visitatori si inchinarono di nuovo, imbarazzati. Il vecchio cavò dalla tasca interna della giacca il portamonete e lanciò a ciascuno dei cantori una moneta d'argento. Essi le afferrarono abilmente e le riposero nelle tasche dei pantaloni, la ragazza mise la sua in una scarsella appesa alla cintura.
Altri tra i presenti imitarono il capofamiglia e i cantori raggranellarono un bel gruzzolo, profondendosi in ringraziamenti.
"Grazie di cuore", disse l'uomo della cornamusa appoggiando lo strumento su una poltrona, "Ora tocca a noi divertirci". Sul suo viso si allargò un sorriso crudele ed enigmatico.

Prima che la famiglia potesse rendersi conto di cosa il giovane intendeva, i cinque si mossero a velocità incredibile per la stanza. La ragazza si avventò sulla donna che li aveva invitati e l'afferrò per la gola. Quella cercò di divincolarsi ma la stretta era estremamente forte, per una giovane così minuta. La ragazza la sollevò sopra la testa poi l’abbassò fino a che i loro occhi si incontrarono. La donna che li aveva invitati ad entrare si trovò a fissare, terrorizzata, due pozze nere e rosse. La fanciulla dalla voce incantatrice le piegò il collo all’indietro, esponendo alla luce della lampada le vene azzurrine. La donna provò di nuovo a divincolarsi ma senza successo
I denti acuminati lacerarono la pelle del collo, suggendo il prezioso liquido scarlatto. Ben presto la coscienza abbandonò la donna e gli altri. Schizzi di sangue macchiarono la tappezzeria, la tovaglia. Le urla furono smorzate da mani forti o da unghie taglienti, che lacerarono le carni. 
I cinque vampiri banchettarono con la famiglia, per una volta il loro travestimento aveva funzionato.

Dall'entrata udirono un orologio suonare dieci rintocchi, la casa era immersa in un silenzio innaturale. "Andiamo", disse il capo, "é ora di festeggiare sul serio".
Mentre si dirigevano all'uscita, alzò lo sguardo e vide il vischio, appeso ad un allegro nastrino rosso, lasciato penzolare da una volta. Prese la ragazza, la sua dama oscura dalla voce di sirena, tra le braccia e le disse "Un bacio sotto il vischio per portarci fortuna".


giovedì 12 dicembre 2013

IL REGALO PIÚ BELLO


Samyra era una bambina piccola e viziata. Era l'unica figlia di genitori giovani e provenienti da famiglie ben piú che benestanti. Fin da quando poteva ricordarsi era sempre stata circondata dalla ricchezza e dal lusso.
Sua madre la vestiva come una bambolina, e al pari si una bambola la trattava. Suo padre soddisfaceva ogni suo desiderio, senza volerle negare nulla.
I nonni non erano da meno, facevano anzi a gara nel rendere realtá il suo piú piccolo capriccio.
Samyra aveva tutto, la sua stanza dei giochi rigurgitava cavallini a dondolo, bambole e fantoccini, due case di bambole corredate di ogni tipo di arredamento e molto altro ancora.
Era lí che trascorreva i pomeriggi, trastullandosi con i suoi balocchi sotto l'attento occhio della governante. Era questa una donna arcigna e severa, che mal considerava l'esser sempre accontetati una buona educazione per una bambina.
Non che Samyra fosse una bambina particolarmente cattiva rispetto ad altre della sua etá e della sua classe sociale. Anzi, trattava ció che le veniva donato con cura e attenzione, affezionandocisi. Era peró, come molte volte capita a chi puó permettersi molto senza sforzo, volubile. Cosí capitava che la pupattola tanto desiderata finisse in un angolo dopo pochi giorni e dimenticata a favore di un qualche nuovo gioco.

Si apprestava anche quell'anno il periodo natalizio. La cittá rigurgitava di luci colorate e delle allegre canzoni suonate dai musicisti di strada.
Samyra era uscita insieme a sua mamma per acquistare i regali. La mamma, donna poco incline alla fantasia, le aveva spiegato che a portare i doni non erano figure mitiche ma gli addetti dei negozi e che ad acquistarli erano i nonni ed i genitori.
Samyra aveva accettato quell'informazione come molte altre datele da sua madre. "Non credere al principe azzurro ma quando sará il momento cercati un uomo con tanti milioni quante le stelle in cielo", era una delle frasi preferite da sua madre. "Le parole dolci fanno bene all'anima per qualche momento, ma i gioielli per molto piú tempo. E non sbiadiscono nella memoria. Quindi figlia mia preferisci sempre un diamante a qualunque profferta d'amore o di fedeltá".
Quel pomeriggio passeggiava con la madre per le vie del centro, i giorni che mancavano alla sera in cui avrebbero aperto i pacchi erano volati e quelli erano gli ultimi regali che mancavano. Tra i quali il suo.
Sapeva che il papá e i nonni avevano giá acquistato i loro doni e che ora erano nascosti in casa, in nascondigli preziosi, ma era quello da parte di sua mamma che mancava. Era una tradizione per Samyra: l'ultimo giorno utile la mamma lo dedicava all'acquisto del regalo per lei. Era il regalo piú bello per Samyra. Non solo perché sua madre le comprava sempre quello che lei desiderava ma perché andavano insieme a prenderlo.
Dopo essersi fermate in una pasticceria dove avevano preso il tea, in realtá Samyra avrebbe voluto una cioccolata ma sua madre non gliel'aveva permesso ma aveva in ogni caso potuto mangiare una fetta di dolce, avevano proseguito facendosi largo tra la calca dei negozi e delle strade.
Gli occhi della bambina erano stati, d'improvviso, catturati da un baluginio rosso. Aveva lasciato la mano della mamma e si era fatta largo fino alla vetrina di una gioielleria. Davanti a lei, su un cuscino di velluto nero, brillava un pendente a forma di cuore. Quando la mamma finalmente riuscí a raggungerla rimase a sua volta affascinanata dal gioiello. Samyra indicó il cuore. "Quello", disse, facendo capire alla mamma che desiderava quello.
La donna, che era concreta in un modo tutto suo, sorrise alla figliola. "Andiamo a vedere", le disse prendendola per mano. Entrarono nella gioielleria, stranamente deserta, e furono accolte da un ometto curvo.
"Buonasera - esordí la donna impellicciata - vorrei quel pendente a forma di cuore. Per favore mi faccia un pacchetto speciale, é un regalo".
L'uomo sorrise e rispose. "Un dono unico, signora. Ma questo é prezioso e deve essere donato con il cuore. Non é un regalo per tutti" quindi prese il cuore rosso dalla vetrina e lo portó al tavolo. Lo pulí con un panno fino a farlo splendere sotto le luci artificiali. Lo compose poi in un delizioso pacchetto nero che chiuse con un nastro rosso.
Lo infiló in un sacchetto e lo porse a Samyra. "Custodiscilo con cura. É un regalo prezioso. É fatto con il cuore. Una raritá", le disse strizzandole l'occhio.
La mamma pagó, stupendosi di quanto poco costasse il gioiello e, insieme alla figlia, uscí. "É bellissimo", commentó Samyra stringendo al petto il sacchetto. Quando lo appoggió le sembró di percepire, attraverso la stoffa del cappotto, un movimento. Come un battito improvviso poi niente piú.
La mamma le sorrise, in un modo che non aveva mai fatto prima e Samyra non seppe far altro che abbracciarla.
Mentre tornavano a casa Samyra sentí il pacchetto muoversi sulle sue ginocchia. La mamma osservava fuori dal finestrino e sembrava assorta in pensieri felici, dato che sorrideva ancora. Era raro veder sorridere in quel modo sua madre, nemmeno quando il papá le portava un nuovo prezioso oppure una nuova pelliccia o le prometteva un viaggio sorrideva in quel modo.
"Sei contenta?", le chiese d'improvviso. Samyra assentí e sorrise a sua volta. Si ritrovó stretta in un abbraccio inaspettato. Sulle sue ginocchia il pacchettino cominció a saltellare allegramente.
La donna e la bambina lo guardarono spaventate e appena arrivate a casa corsero nel salone e mostrarono il prodigio al resto della famiglia.
Osservarono il pacchetto sul tavolo, immobile poi guardarono madre e figlia. La donna strinse a sé la bambina, come per proteggerla e il pacchetto compí una piroetta sul tavolo. 
Samyra urló e sua madre svenne. Il medico chiamato d'urgenza visitó entrambe, riscontrando solo qualche linea di febbre a Samyra e un lieve esaurimento alla mamma. "Passate feste tranquille e staranno bene", consiglió il dottore andandosene. Nessuno ebbe il coraggio di raccontargli del pacchetto ballerino.
Dopo la cena, si ritrovarono davanti al grande albero addobbato per aprire i regali. 
Samyra aprí quelli dei nonni: erano eleganti abiti e scarpine abbinate. Ringrazió con un bacio e li mise da parte. Il papá diede il suo regalo alla mamma, lei lo aprí con un'espressione di curiositá in viso. Dalla scatolina trasse fuori un pendente a forma di cuore, identico a quello che lei aveva acquistato poche ore prima ma invece che essere intagliato in un rubino era in diamante, puro e cristallino. "Il mio cuore, per te", le disse l'uomo. "Il regalo piú bello", rispose lei. 
Fu quindi nuovamente il turno di Samyra di aprire un pacchetto, lasció per ultimo quello della mamma e si concentró su quello del papá.
Dalla scatola estrasse una composizione di statuine di cristallo trasparente, che sembrava assomigliare a lei e ai suoi genitori. "Grazie", rispose sorridendo perplessa. "Siamo noi", le spiegó il padre. "Cosí saremo sempre vicini". Samyra lanció uno sguardo alla madre, ricevendo in cambio un sorriso caldo e dolce.
"Adesso apri il mio", le disse la donna. Samyra si alzó e andó al tavolo. Prese il sacchetto e ne estrasse il pacchetto. Lo aprí e sollevó, perché tutti potessero vederlo, il cuore di rubino. 
Vedendolo sua madre ebbe un moto di rabbia, si slanció in avanti e lo portó via dalle mani della figlia. Il pendant cadde e si ruppe a metá. Samyra lo guardó e lo raccolse, lacrime calde e amare scendevano sul suo viso. "Era il regalo piú bello...fatto col cuore...una raritá".... Mormorava ripetendo le parole del gioiellerie.
Sentí qualcosa incrinarsi nel petto poi ebbe la sensazione che il suo piccolo cuore si spezzasse. Strinse i due pezzi del cuore rosso e si accasció a terra, senza piú vita.
Sua madre si gettó su di lei scuotendola e cercando di svegliarla ma senza riuscirci. Urló e urló ma Samyra non si sveglió. 
Fu chiamato il medico d'urgenza e poté solo constatare la morte della bambina. "É come se qualcuno le avesse spezzato il cuore", disse alla fine della visita. "Aveva in mano questo". E diede ai genitori in lacrime il cuore rosso in pezzi.