lunedì 12 novembre 2012

ONDANERA

Arrivò in una giornata di tempesta, da sola: una ragazzi piccola nascosta sotto una mantellina nera lunga fino ai piedi, scalza e senza bagaglio. Prima del suo arrivo per due settimane il vento era soffiato forte, rendendo difficoltoso uscire in barca e dedicarsi alla pesca, e aveva addensato sopra la cittadina di mare miriadi di nuvole nere. Una mattina la gente si era svegliata sotto le pesanti gocce di un acquazzone. E, da quel giorno, non aveva più smesso.
Il vento gonfiava il mare fin quasi ai limiti del borgo ma non portava via le nuvole. L'aria era greve e salmastra, odorosa d'alghe e di pesce. Molti notarono che quello stratempo non era accompagnato da fenomeni quali fulmini e tuoni, ma si trattava solo di pioggia fitta, fine e grigia.
Gli anziani dissero che un tale acquazzone non si vedeva in quei luoghi da prima della fine della guerra, scambiandosi poi occhiate di chi la sapeva più lunga di quello che voleva far credere. I bambini furono tenuti in casa, le scuole e i negozi chiusi, per sicurezza. A causa della pioggia continua le strade si allagarono, il borgomastro ordinó la creazione di canali per la deviazione dell'acqua in modo da evitare che le case venissero sommerse, e la spiaggetta si trasformó in un pantano.
L'intero paese si preparó ad affrontare l'emergenza, sperando che quell'anomala alluvione terminasse presto. L'unico a decidere di tenere aperto fu il bar di Anacleto, che per l'occasione si inventó emporio vendendo generi di prima necessitá: l'idea era stata della proprietaria del piccolo alimentari - che stava dirimpetto al bar - in modo da poter rifornire la popolazione. Al mattino erano gli uomini a recarsi nel locale con la lista ritirando pane e latte. Senza fermarsi per un cicchetto rinvigorente affrontavano il percorso verso casa.
Era da poco cominciata la terza settimana di pioggia quando nel bar di Anacleto la porta si aprí e sulla soglia, in piedi sopra i sacchi di sabbia, sistemati per tener fuori l'acqua, comparve la ragazza. Dalla mantellina nera goccioline scivolavano a terra e da sotto il cappuccio appena si intravedevano i capelli e gli occhi, entrambi neri.
"C'é alcuno in codesta dimora?", domandó con voce squillante. Era il primo pomeriggio ma tanto il cielo era scuro da sembrar già notte e Anacleto, come aveva cominciato a fare da quando era iniziata quella tremenda pioggia, era nel retrobottega a riposare. "C'é alcuno in codesta dimora?", ripeté la figura incappucciata. Non ricevendo nuovamente risposta si giró e fece per andarsene, quando Anacleto comparve e la guardó con malcelato stupore. "E tu che ci fai in giro con questo tempo?", le chiese invitandola ad entrare, più per evitare che si allagasse la stanza che per vera caritá.
La figura si mosse leggiadra e svelta. In pochi secondi la porta fu chiusa e lei davanti all'uomo. Era una ragazzetta, poco più di una bambina, esile come un giunco in quella mantellina nera che la copriva da capo a piedi. "Chi sei tu?", fece lei con voce acuta. Si capiva dal suo modo di parlare che non era della zona. "Anacleto", disse l'uomo, "Questo é il mio bar". Lei diede un'occhiata intorno e si sedette ad un tavolino, fissando la superficie di formica pallida e azzurrina, come se non avesse mai visto qualcosa di simile prima di quel momento. "Tu chi sei e cosa ci fai in giro? I tuoi genitori non ti hanno detto che é pericoloso avventurarsi fuori con questa pioggia?", chiese Anacleto, curioso di sapere il perchè della presenza della bambina nel suo bar.
"Ondanera mi chiamano e io giro sempre con la pioggia, mi piace". E tornó a fissare il piano, allungó una mano bianca e lo toccó, saggiandone la consistenza. Gli occhi di Anacleto seguivano ogni suo movimento.
"La pioggia mi ha portata qui e la pioggia mi porterá indietro", mormoró poi con voce seria, seduta al tavolo con la mantella che sgocciolava, formando una pozzanghera trasparente ai lati della sedia.
"Meglio che ti togli quella roba prima di ammalarti e di allagarmi il locale". Anacleto diede voce ai suoi pensieri e Ondanera si giró, guardandolo e poi curvandosi verso il pavimento, specchiandosi nel laghetto. Si rialzó e si tolse l'indumento. Sotto aveva una vestina stretta e lunga, nera. Come neri erano i suoi lunghi capelli e gli occhi. Da sotto l'orlo spuntarono i piedini nudi.
"Dammi qua - disse il proprietario - e non ti muovere, vado a prendere uno straccio. Poi voglio avvertire la tua famiglia che sei qua, mi servirá il tuo nome completo per il centralino".
"Ondanera", ripeté quella con voce ferma e chiara, ferma davanti ad Anacleto. "La pioggia mi ha portata qui e la pioggia mi porterá indietro", disse di nuovo, convinta. Chiedendosi se Ondanera fosse il nome, il cognome o un soprannome Anacleto portó l'indumento fradicio nel retro e lo stese perchè asciugasse. Andò nel suo ufficio e fece il numero del borgomastro, chiedendogli di raggiungerlo per un'emergenza e di avvertire anche il resto della giunta. Eleusino, borgomastro da una decina d'anni, capí subito dalla voce del compaesano che qualcosa non andava e promise che sarebbe giunto prima possibile.
Quando tornó nella sala Anacleto trovó Ondanera alla finestra che guardava la pioggia. Il viso illuminato da una gioia pura. "La pioggia mi ha portata qui e la pioggia mi porterá indietro", la sentí dire per la terza volta.
"Hai fame?", le chiese. La ragazzina si voltó di scatto e stette zitta. "Devi aver fame per forza. Ti preparo qualcosa da mangiare e una bella bevanda calda. Ci vuole con questo tempo. Cosa ti andrebbe da mangiare?". Ondanera sorrise e rispose "Aringhe". Anacleto strabuzzó gli occhi: a nessun bambino piaceva quel pesciaccio dal sapore affumicato e salato. Neanche lui riusciva a mangiarle, ed era un uomo fatto da parecchi anni ed un esperto preparatore di aringhe. Ma lei lo guardó con occhi così speranzosi che non seppe rifiutarsi. "E aringhe siano".
Nel cucinino mise a bollire l'acqua per il tea alla menta, poi su un piatto sistemó due aringhette, sfilettate e deliscate. Spruzzó qualche goccia di limone. Pose il piatto su un vassoio e vi aggiunse un tovagliolo bianco di bucato e le posate. Versó il tea in due tazze, sistemandole anch'esse sul vassoio. Tornó in sala e trovó mezzo paese riunito: non solo il borgomastro e la giunta ma anche semplici cittadini. Avevano intravisto i loro rappresentanti recarsi al bar e, incuriousiti, si erano aggregati. Ora riempivano la stanza, tutti gli occhi concentrati sulla ragazzina. Ondanera non sembrava a disagio e continuava a fissare fuori dalla finestra, concentrata sullo scrosciare ininterrotto della pioggia, come se stesse aspettando qualcosa.
"Ecco le aringhe". Annunció Anacleto facendosi largo tra i suoi concittadini. Depose il vassoio sul tavolo dove Ondanera si era seduta poc'anzi quindi prese la sua tazza. Lei si sedette e osservó le posate, le rigiró tra le mani poi le appoggió di nuovo e prese il pesce con le dita. Lo portó alla bocca, rosicchiandolo sul fianco. Sul viso le si dipinse un'espressione estatica. Intanto Anacleto, il borgomastro e alcuni uomini della giunta si erano spostati nel retro ed avevano cominciato a discutere: "É apparsa cosí sulla porta. Senza nulla con sé a parte una mantella nera. Fradicia. Dice di chiamarsi Ondanera e di esser venuta qui per la pioggia o qualcosa del genere...". Lasció la frase in sospeso e attese la reazione e il consiglio degli uomini della giunta. "Non hai provato a chiamare il centralino chiedendo dei suoi genitori? Sicuramente é della zona", fu la domanda di Polino, il vice di Eleusino. "Non ancora - rispose Anacleto -. Volevo prima parlarne con voi".
"Prova subito allora", disse Eleusino con la sua voce da tenore e prese il telefono, componendo il numero del centralino. All'altro capo rispose Celesta, "Pronto centralino chi le passo". La donna era sempre stata famosa per la sua voce nasale e quella peculiaritá si era aggravata per quel tempo umido. "Celesta provi a passarmi una certa famiglia Ondanera...", il borgomastro restó in attesa.
Fuori il vento si era fatto più intenso, la pioggia più scrosciante e molti se ne erano andati per timore di non riuscire più a rientrare nelle case.
Alcuni erano ancora per strada quando il primo tuono rombó da est e un fulmine baluginó da ovest. Da che era iniziata la pioggia era la prima volta che accadeva.
A sentire quel rumore Ondanera alzó gli occhi dal piatto, un brandello di pesce ancora in mano.
"La pioggia mi ha portata qui e la pioggia mi porterá indietro", sospiró e si alzó. Senza preoccuparsi di recuperare la mantellina aprí la porta ed uscí per strada. Un secondo tuono, seguito da un fulmine. Ondanera seguí il luccichio, dirigendosi verso un piccolo promontorio, a meno di mezzo miglio dal paese. Gli uomini rimasti nel locale, intento a chiacchierare e a giocare a carte, non capirono subito cosa fosse successo e, quando realizzarono che la ragazzina era sparita, andarono ad avvertire il borgomastro.
"É scappata", urlarono scaraventandosi nell'ufficio di Anacleto. "É corsa via".
In quel momento Celesta annunció nella cornetta che nel raggio di miglia non esistevano famiglie con quel ridicolo cognome. Il borgomastro sbatté la cornetta interrompendo la comunicazione. "Dobbiamo trovarla". E si lanciarono all'inseguimento, dividendosi in modo da avere più possibilitá di trovarla. Prima di uscire Anacleto recuperó la mantellina di Ondanera: nonostante il tepore non si era asciugata ed era sempre umida e lucente.
Seguendo il susseguirsi di tuoni e fulmini Ondanera raggiunse il ciglio del promontorio. "La pioggia mi ha portata qui e la pioggia mi porterá indietro", urló in direzione del mare, sempre più smosso dal vento. Fu in quel punto che arrivó, senza fiato, Anacleto. Lei gli sorrise e lo salutó con la mano "Grazie per aringhe, buonissime". Sembrava volersi buttare e lui fece qualche passo, porgendole l'indumento.
Quando Ondanera riconobbe la sua mantellina fece un salto verso l'uomo, gliela prese e la strinse al petto. Poi l'indosso, si tiró su il cappuccio e si gettó tra le onde. Anacleto fece un balzo in avanti, in tempo per vedere il corpicino scomparire tra i cavalloni. Per parecchi secondi tutto quello stravolgimento della natura cessó, poi una sferzata di vento sollevó uno spumeggiante muro d'acqua e in mezzo ad esso c'era Ondanera, sana e salva...e con una lunga coda di pesce color onice al posto delle gambe. "La pioggia mi ha portata qui e la pioggia mi ha portata indietro. Ora tornerá il blue e il giallo", disse la sirenetta all'uomo prima di tornare tra i flutti.
Il muraglione d'acqua scura si ritiró portandosi via la creatura. Intorno ad Anacleto lentamente il vento si placava e il mare smise di sobbollire.
L'uomo tornó a casa, dicendo solo che non aveva trovato la ragazzina e, a chi gli chiedeva della mantella con cui era uscito, rispondeva che il vento se l'era portata via.
Quella sera smise di piovere, una brezza provieniente dall'entroterra spiró allontanando le nuvole e il mattino successivo il cielo era limpido, di un acceso azzurro e un tondo sole diffondeva il suo tepore sopra il paese. In poche settimane le vie tornarono agibili, l'acqua si asciugó e la vita poté riprendere più o meno identica a prima della pioggia. Per qualche tempo la popolazione parló della bambina della pioggia, ma anche questa storia passó di mod e fu quasi del tutto dimenticata. Solo Anacleto, nei giorni un po' piú grigi dell'autunno saliva sul promontorio e restava per ore a fissare il mare.
Dopo quello strano giorno, in cui una ragazzina era arrivata in paese portata dalla pioggia e con essa misteriosamente scomparsa, il sole non mancó mai di riscaldare le giornate del piccolo paese affacciato sul mare.

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