lunedì 18 febbraio 2013

LA VISION MACABRE

Che io abbia sempre avuto, fin dalla più tenera etá, qualcosa di strano é fuor da ogni ragionevole dubbio.

Amo e ricerco ció che é macabro e cupo, ridisegnandomelo addosso, a mia effigie e a mio decoro.

Come negare che, al pensiero di un candido collo con la giugulare bella esposta, non mi coglie il desiderio d'affondarvi i canini e suggere il dolciastro liquido, prezioso come liquido rubino.

Un brivido mi traversa tutta se, in un film o descritto in un libro, mi si presenta la scena di uno squartamento. L'idea della lama lucente che dilania. O la passione, la forza, che ho trovato nel lento cadenzato ondeggiare del pendolo. Un metronomi affilato che ha dato il ritmo alla dipartta dello sfortunato.

Trovo che vi sia una certa depravata dolcezza negli efferati gesti di quel tal Jack, passato alla storia dei posteri, per la sua perizia chirurgica nello straziare le carni delle donzelle di malaffare.

In tutto questo pozzo nero, io trovo diletto: nel macabro della decadenza, nello sprofondare nella gothic crypt di storie tetre. Fantasmi o effigi dell'umano passato, che ancor non si vuol dimenticare.

In attesa che quegli Antichi riemergano dalle loro marine dimore.


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