domenica 5 maggio 2013

C'É QUALCUNO FELICE?

1 -

Da giorni piove. Senza tregua.

Michiko guarda fuori dalla finestra. Il balcone è allagato e rivoletti d'acqua piovana gocciolano dalla grondaia. Il giardino, di cui intravede un brandello, è ridotto ad un pantano. Il roseto di sua mamma piegato sotto il peso dell'acqua.
Sbadiglia annoiata e prova a concentrarsi sul libro che sta leggendo ma la sua mente vola altrove. Fuori dalla finestra, incontro al cielo grigio e alle nuvole argentate. Una luce innaturale riveste il paesaggio di una coltre irreale.
La ragazza abbandona il volumetto di poesie che sta studiando sul letto e si avvicina alla porta del balcone. Dietro le tende il picchiettio della pioggia è una colonna sonora jazz nella sua mente. Sogna ad occhi aperti Nina Simone esibirsi sul palco di un locale dalle luci soffuse. Si sente felice, così senza una apparente ragione. Felice di quel suono, per come appare ora il suo paese.

"C'è qualcuno felice? Come sono io adesso", la domanda fiorisce sulle sue labbra prima ancora che nella sua testa. Lo deve sapere, lo vuole sapere. 
La primavera risveglia non solo la natura ma anche, in persone particolarmente sensibili, dilemmi e domande che non sempre possono trovare una risposta concreta.  
Senza pensarci molto corre a prepararsi: indossa la mantellina impermeabile viola, gli stivali di gomma, raccatta la borsa e  infila la porta di corsa. É mossa da un'ansia di conoscenza, da un desiderio di confronto con le altre persone che le era sconosciuto fino a quel momento.
Cammina a passo spedito cercando di evitare le pozzanghere. In strada è sola, con quel tempo inclemente nessuno si azzarda ad abbandonare l'asciutto e il tepore di casa o ufficio. Gironzola per il centro del paese dove vive da quando è nata: tra il bar, la chiesa e il municipio, un incrocio di quattro strade e un paio di vicoli pedonali. Nonostante la mantella e gli stivali si sente inzuppata ma tornare a casa non è un'opzione contemplata al momento. Vuole trovare almeno una persona cui porre la sua domanda. "C'è qualcuno felice?" e saperlo, se c'è qualcuno felice.
Infila la porta del bar, lascia ad ogni passo una scia di gocciole pesanti. I suo stivali producono quel caratteristico suono onomatopeico che quando era piccola la faceva ridere. "Un caffè, per favore", ordina con una vocina flebile. Il barista, burbero più del solito forse a causa del brutto tempo che gli sta rovinando gli affari, la serve bofonchiando qualche imprecazione sottovoce. Michiko zucchera la bevanda e la sorseggia, guardando fuori la piazza lastricata di pietroni bianchi: sotto la luce grigia del cielo e, per effetto della rifrazione dell'acqua sulla pietra, le appaiono lucenti come se fossero di marmo. Pur nella desolazione del pomeriggio piovoso quella vista le mette allegria, di nuovo le si spalancano le porte di nuovi mondi sconosciuti. Di nuovo si sente felice, un'emozione infantile e naturale.
"C'è qualcuno felice?", la domanda le sfugge mentre sistema la tazzina vuota sul piattino. Sorride al barista che la guarda accigliato e sbuffa. "Felice? E chi potrebbe mai essere felice? Il tempo fa schifo da giorni e la gente non esce quasi più di casa...e poi con la situazione attuale che vive il paese? Altro che esser felici! Qui c'è da prendere i forconi e andare in piazza. Non è tempo per esser felici". E l'uomo torna ad asciugare i bicchieri lamentandosi del tempo e del governo.
Michiko sorride, raccatta il borsellino e con un cenno della mano saluta, imbarazzata da quello sfogo inatteso e veemente.
Fuori, respira a pieni polmoni l'aria elettrica e carica di umidità e si sente meglio. La risposta dell'uomo le ha tolto il sorriso. Sa che ha ragione, anche più che ragione. La situazione non è delle migliori ma come si fa, si chiede riprendendo il cammino e sperando di imbattersi in qualche anima meno arrabbiata, a cedere a quel senso di bruttura togliendosi la volontà di cercare il buono intorno? Anche in una giornata di pioggia come quella.



2 -

Michiko costeggia il muro del palazzo del comune verso la piazza principale. É sicura che troverà qualcuno felcie, anche fosse solo un bambino. Si affaccia sullo spiazzo deserto, gli edifici intorno formano una corona incombente. La metà degli esercizi commerciali è chiuso per il maltempo, aperti ci sono un bar e il tabaccaio. Ma sono vuoti.
Mesta ritorna sui suoi passi, e scorge, che esce frettolosamente dal municipio semi nascosto da un ombrello, il sindaco. Senza pensarci lo rincorre e gli si affianca. L'uomo la guarda. "C'è qualcuno felice?", gli chiede a bruciapelo Michiko. Il sindaco, né giovane né vecchio e una faccia grigia come il cemento che non cede ad alcuna espressione. "Non so. Non penso. Io non lo sono. Il bilancio che non va. I soldi che non ci sono e troppe opere pubbliche da fare...Come si fa ad esser felici se non puoi fare niente di quello che sai che serve...". Riprende a camminare senza guardar in viso Michiko, che resta ad osservare la figura grigia allontanarsi e confondersi con il resto del paesaggio urbano.
"E se fossi io a sbagliare?", si chiede la ragazzina, ferma sotto l'acqua. I capelli, nonostante il cappuccio, sono bagnati e anche le calzette dentro gli stivali. Le ginocchia sono appena arrossate dal freddo.
"Possibile che in questo paese non sia possibile che qualcuno sia felice, senza che i problemi che ci sono sempre tutti i giorni abbiano la meglio?", prosegue nella sua riflessione e riprende a camminare.
É a tal punto assorta nei suoi pensieri da non rendersi conto della persona che le viene incontro fino a che non le è addosso. "Scusi scusi", dice senza badare e proseguendo nel suo cammino. "Ragazzina cosa fai in giro a quest'ora e con questo tempo? Torna a casa che è meglio", le risponde il poliziotto di quartiere con piglio energico.
Michiko non resiste, si ferma, si volta e lo guarda. "C'è qualcuno felice?", gli fa, cogliendolo alla sprovvista. L'agente non le risponde, sbuffa una lamentela a mezza voce e, mentre prosegue nel suo giro di controllo maledicendo l'assegnazione dei turni, le fa cenno di tornare a casa.

3- 

La ragazzina starnutisce e sbuffa, in fondo alla via l'orologio del vecchio campanile batte cinque rintocchi e mezzo. Sentendo tutto il peso della pioggia e del grigiume che avvolge la città si avvia verso casa, cammina a testa bassa e scansando le pozzanghere. Tutta la sua gioia, profonda e pura, è svanita con le parole e i gesti di chi ha incontrato. 
Si sente una stupida per essere uscita con quel clima per andare in giro a proporre una domanda priva di significato. Eppure a casa le era sembrato così ovvio. Mentre cammina mogia sente una lacrima di delusione e di rabbia pungerle le ciglia ma la ricaccia indietro.
"Hey bella bimba hai un soldino da darmi, per un panino, ho così fame". La voce raggiunge l'io di Michiko. Si gira e si volta fino a che il suo sguardo incontra quello di un uomo, che si ripara sotto la tenda di una tabaccheria. É abbigliato con abiti vecchi e sporchi, la barba sfatta, i capelli bagnati ma sorride. Non uno di quei sorrisi ampi e solari ma pur sempre un sorriso, con un che di amichevole nell'angolo. 
Di solito Michiko non dà soldi alle persone che le chiedono per strada, ma l'uomo, fermo e tremante in quella solitaria piazza, le provoca una stretta alle viscere. Si fruga in tasca e trova solo una moneta, il resto del suo caffè. "Non ho altro", si scusa porgendogli il soldo nel palmo della mano aperta, perché lui possa prenderla. "Va bene, grazie. E felice giornata", le risponde lui stringendosi nella giacca bagnata. "Felice? C'è qualcuno felice?", Michiko si rende conto che non avrebbe mai voluto chiedere quella cosa così sciocca ad un clochard ma ormai è tardi.
"Felice? Ben poca gente in questo posto è felice. Badano molto alle cose materiali, poco a quelle spirituali - le risponde con voce da vecchio filosofo -. Pensano che soldi, sicurezza, bei vestiti e simili siano la felicità. E si dimenticano che c'è altro che fa la felicità. É la gentilezza delle persone, un sorriso inaspettato, il sole dopo la pioggia o la pioggia dopo giorni torridi. Bisogna saperla trovare la felicità, perché è merce rara e difficilmente reperibile ai nostri giorni".
Michiko, a quelle parole, sorride nuovamente e - in un impeto del tutto incoerente con quello che le è stato insegnato apre la borsa, il portafoglio e allunga un biglietto da dieci all'uomo. "Grazie. Oggi so che qualcuno è felice. Grazie". Corre via, incurante ora della pioggia, senza attendere la risposta dello sconosciuto. 
Ora si sente felice.


3 commenti: