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lunedì 24 giugno 2013

LA FIGLIA PERFETTA

- dal diario di Ivanna -
Anche oggi é calato il sipario. Non é andato meglio di ieri, mi chiedo dove io o Eligio abbiamo sbagliato. Maya é in uno dei suoi periodi di ribellione. Passa tutto il suo tempo chiusa in se stessa, non parla. Non risponde alle domande. Quando torna da scuola si chiude in camera e ascolta a tutto volume roba che non so nemmeno definire musica. 
Guardo le altre ragazze della sua etá e non capisco perchè non sia come loro. Sono gentili e sorridenti, Maya già é qualcosa se ci saluta. Perchè anche lei non é così? 
E dire che solo fino ad un anno fa era così carina ed ubbidiente. -

Ivanna chiude il quaderno e si prende la testa tra le mani. Sospira, allungando l'orecchio. Dalla stanza da letto di sua figlia non si sente provenire rumore, ma la donna sa che é una tranquillità apparente. Da un momento all'altro potrebbe ricominciare la musica.

Al piano di sotto Eligio legge il giornale. É stanco del clima di tensione che si vive in casa da quando Maya é entrata nel pieno di una crisi adolescenziale di tale intensitá da aver scardinato il loro equilibrio.
Distratto scorre le notizie, niente di più di quanto ha sentito ai telegiornali della sera. Scorre anche le pubblicitá, ormai é con quelle che i giornali campano, non certo con le vendite. Tra l'inserzione di un'auto che promette di portarti ad un nuovo status sociale semplicemente acquistandola e quella di una modella che ti vende un telefono così potente che quasi quasi fa anche il caffé, l'occhio gli cade sul trafiletto in cui si parla di un miracoloso rimedio per gli adolescenti difficili.
"Adolescente difficile", ecco la definizione che si adatta a Maya. 
Con curiositá legge l'articolo.

"Cari genitori siete stanchi di dover trattare con figli ribelli, problematici, ribelli? 
Noi della Fondazione Perfectionism siamo la soluzione ai vostri problemi.
Abbiamo sviluppato un nuovo approccio per trattare con gli adolescenti difficili. Questi ragazzi sono in una fase di grossi cambiamenti e spesso si sentono inadeguati. Di conseguenza prendono atteggiamenti di sfida nei vostri confronti. 
I nostri esperti sono a vostra disposizione per aiutarli, facendoli superare le loro difficoltá.
Voi ci portate giovani perduti, Noi vi restituiremo persone equilibrate e in grado di essere inserite nella societá. Affidateci il vostro pargolo problematico e noi vi renderemo il figlio perfetto".
Per l'incredulitá Eligio rilegge quelle poche righe poi si alza e di corsa sale in camera da Ivanna. "Leggi. Leggi", le dice entrando in camera. Le porge il foglio di giornale e chiude la porta. La donna, a sua volta, legge il trafiletto poi sposta lo sguardo al marito e sorride. Un vero sorriso, carico di speranza. 
"Domani chiama", gli dice.

La porta si apre, accompagnata da un leggero fruscio. Le pareti dell'ufficio sono grigio chiaro. Davanti ad Eligio ed Ivanna due poltroncine, una scrivania e dietro ad essa un uomo sorridente, dall'aspetto giovanile e rassicurante. 
Fa cenno di sedersi e comincia a parlare, con voce impostata e suadente. Il colloquio dura meno di un'ora e solo quando sono usciti marito e moglie si rendono conto di aver accettato che quel pomeriggio due operatori si presentino a casa per prendere Maya e portarla all'istituto dove ha sede la Fondazione.
"É la cosa migliore - si dicono -. Per il bene di Maya".

Chiusa in camera Maya si sente protetta. Fuori il mondo non la capisce: sua madre che non é mai soddisfatta di quello che fa e la rimbrotta senza tregua, suo padre che non ci prova nemmeno ad ascoltarla, i suoi compagni che la scherniscono e la bersagliano di scherzi.
Accende il lettore mp3. Il violino e la voce metallica di Emily Autumn le concede requie al suo stravolgimento interiore. Dalla libreria prende l'ultimo libro di Barbara Baraldi. "Che figata se fossi una strega come Zoe", pensa tra sé. "Forse finalmente mi prenderebbero sul serio e mi ascolterebbero, mi ascolterebbero".
Si crogiola in quel penserio ma é strappata dalle sue visioni di vendetta dall'ingresso di due tizi vestiti come due infermieri.
Dietro di loro compare sua mamma. "É solo per il tuo bene", le dice senza guardarla in viso. Maya sposta lo sguardo tra i tre. Senza dirle nulla i due la sollevano e, nonostante i suoi tentativi di divincolarsi, la portano di sotto e la chiudono in una specie di furgoncino. "Mi stanno facendo rinchiudere", é il pensiero che si é inchiodato nella sua testa. Vorrebbe piangere ma non riesce, dentro si é come rotto qualcosa. L'ultimo briciolino di fiducia nei suoi genitori si é disgregato.
Da dentro la sua prigione di metallo sente sua madre ringraziare i due tizi. "Vi reporteremo a casa vostra figlia tra due settimane". Le dicono quelli poi salgono e il furgone si allontana.

Più gentilmente di come é stata infilata nel retro del veicolo Maya é fatta scendere ed accompagnata nel medesimo ufficio dove i suoi genitori hanno deciso il suo destino.
Si trova davanti al medesimo tizio che ha ammaliato sua madre e suo padre. "Benvenuta - l'accoglie sorridendo -. I tuoi genitori ti hanno affidato a noi per aiutarti a risolvere i tuoi problemi". Maya lo osserva ad occhi socchiusi e di traverso, non si fida dell'uomo e del suo aspetto così perfetto. "Dopo queste due settimane sarai una figlia perfetta. Adesso ti accompagno nella stanza che ti abbiamo assegnato, puoi fare una doccia poi ti daremo qualcosa di più consono da indossare". 
Si alza e la invita a seguirlo, Maya non può fare altrimenti. 
Il corridoio é illuminato al neon, il silenzio é totale: Maya non riesce a percepire il rumore delle scarpe sul linoleum.
Si fermano davanti alla camera 25. L'uomo tira fuori una chiave e apre la porta, "entra" le dice. Chiude e si allontana. Maya resta sola per non più di due minuti quando compare una donna. Regge degli indumenti, che appoggia sul letto. "Vieni con me, ti faccio fare una doccia".
La scorta in fondo al corridoio e apre una porta d'acciaio. "Prego, sulla destra c'é lo spogliatoio dove puoi cambiarti. Hai dieci minuti".

Maya si ritrova sola, sulla destra c'é un separé, dove lascia i suoi vestiti. 
Si guarda intorno, il camerone é enorme, piastrellato di bianco. Ci sono una quindicina di soffioni e Maya si sistema sotto uno di quelli più distanti dalla porta. "Le camere a gas dei campi di sterminio erano fatte allo stesso modo", pensa mentre cerca un rubinetto. Poi uno scroscio appena tiepido la investe, facendole fare un salto all'indietro e quasi cade a terra. Si lava come riesce, senza bagno schiuma e senza shampoo. 
Quando torna dietro il separé invece dei suoi vestiti trova un accappattoio e un paio di ciabattine. Entrambi sono di spugna candida, Maya storce il naso e si chiede che fine abbiano fatto i suoi.
Fa appena in tempo ad indossarli che ricompare la donna. "Andiamo. Il primo passo per essere una ragazza migliore é essere puntuale ed ubbidire".
Maya pensa che in quel posto hanno già calpestato almeno un centinaio di suoi diritti inalienabili ma appena prova a protestare, dalle pianelle le arriva una scossa. "Non parlare se non sei interrogata. É una forma di rispetto verso l'autoritá e gli adulti sono l'autoritá. Per essere una ragazza migliore devi portare rispetto per l'autoritá", prosegue quella con voce atona ed impostata. Alla ragazzina sembra che abbia imparato a memoria quelle frasi.
Tace e pensa, mentre tornano alla camera assegnatale. "Adesso stai qui. Puoi stare seduta o sdraiata. Tranquilla e senza far rumore. Verremo a chiamarti presto per il trattamento. Per essere una ragazza migliore devi imparare ad essere paziente".
Maya entra, felice di essere sola. Non é una che si spaventa con facilitá ma quel posto le mette i brividi.
"Sembra quel vecchio manicomio, dove hanno ambientato quel film che hai visto", il suo cervello le fa notare. Cerca di non pensarci, Si veste e appende l'accappatoio ad un gancio, che si trova davanti al letto.
Si siede sul letto, poi si sdraia. Scivola, senza rendersene conto, nel sonno e comincia a sognare.
Luci, persone che bisbigliano. La voce suadente dell'uomo, quella robotica della sua accompagnatrice si fondono intorno a lei. Parole sparse e brandelli di discorsi, di cui non riesce a cogliere il senso, le arrivano come flash intermittenti.

É una bella mattina di sole quando Maya torna a casa. Sua madre e suo padre l'attendono sulla soglia di casa, in trepida attesa. 
Quando scende dalla macchina stentano a riconoscerla: sorride ed é vestita come sua mamma ha sempre sognato: camicetta, gonna e ballerine. Degli abiti con cui é stata portata via non vi é più traccia. Si avvicina a loro e li abbraccia, dopo che sua mamma le ha circondato le spalle con le braccia.
Li saluta solo dopo che loro l'hanno salutata altrimenti resta davanti a loro con le braccia lungo i fianchi e il volto senza espressione. Ivanna prova un senso di inquietudine di fronte a quella ragazza che ha le sembianze di sua figlia ma che non ha più niente delle caratteristiche di Maya.
Racconta, e più in generale parla, solo quando le rivolgono la parola. Si siede in salotto e resta lí, lo sguardo fisso ma scatta appena sua mamma la chiama e fa tutto quello che le dice e come vuole lei.
Va a scuola e studia. Non risponde più a parolacce, non urla più, non si arrabbia più. Non ascolta più la musica assordante. Fa ció che le viene detto, sempre con quel sorriso stampato in viso.
Dice quello che le viene detto di dire. Pensa quello che le viene detto di pensare. Fa quello che le viene detto di fare.
É una figlia perfetta ora ma i suoi genitori cominciamo a sentire nostalgia della Maya di un tempo, che aveva tanti difetti e un pessimo carattere ma era una ragazza piena di interessi. Questa nuova Maya é perfetta ma non fa niente se non le viene detto. Non ha una personalitá ma si comporta in modo perfetto, così perfetto che dá quasi sui nervi ad Ivanna. 

La veritá sull'istituto Perfectionism si scopre un mese dopo che Maya é tornata a casa e sua madre comincia ad essere pentita di averla mandata in quel posto.
"Un terribile incendio ha distrutto la sede generale del Perfectionism, societá che prometteva alle famiglie con adolescenti problematici di risolvere definitivamente i loro problemi.
In questa tragica circostanza si é scoperto che ai ragazzi veniva impiantato un chip che, di fatto, li trasformava in automi inibendo ogni capacitá e possibilitá di scelta".
La giornalista prosegue con una specie di morale su queste pratiche e sulla loro pericolositá. In video passa poi una foto del presidente della Perfectionism e il suo sorriso buca lo schermo. Tocca ad un'assistente dare la tragica notizia: purtroppo non é scampato alla tragedia e assicura che a breve le famiglie saranno ricontattate per un nuovo trattamento, completamente gratuito, che comprenderá la rimozione del chip danneggiato e l'impianto di uno nuovo.
Eligio ed Ivanna si guardano, poi guardano Maya, che continua a mangiare, imperterrita. 
Infine la ragazza appoggia la forchetta sul piatto, alza gli occhi e guarda sua madre. 
"Non pensarci nemmeno a farmene mettere un altro...voglio solo che quel cazzo robo mi sia tolto dal cervello prima possibile...". Dice con il suo solito modo scocciato. Ivanna scoppia a ridere e l'abbraccia, piangendo. "Si si si".
Stordita dal comportamento di sua madre e a disagio per quello slancio di affetto, Maya si divincola e va a chiudersi in camera, dopo pochi minuti si sente la solita musica a tutto volume e la voce della ragazza che canta.
Ivanna sospira, "In fondo mi mancava. Era troppo perfetta per essere vera. Siamo esseri umani e non siamo fatti per essere perfetti".
Eligio pensa solo che la Perfectionism dovrá rimborsarlo interamente oppure si rivolgerá a qualche associazione dei consumatori o ancora la denuncerá per truffa.

Nei giorni seguenti tutti gli adolescenti, che hanno subito il trattamento della Perfectionism, sono contattati e messi in lista per la rimozione del chip tornando, de facto, ad essere gli stessi adolescenti problematici di prima che i loro genitori li spedissero all'istituto.

Dalle indagini, condotte da squadre speciali create appositamente per venire a capo della faccenda, emerge come le stesse assistenti avevano subito il medesimo trattamento e a loro volta furono liberate da anni di condizionamento mentale elettronico.
Tra le carte del presidente gli inquirenti trovano anche una serie di scritti in cui egli ipotizza un mondo di esseri umani "perfettamente integrati" e "ubbidienti all'autoritá", incapaci di ribellarsi. "Il condizionamento mentale del nostro chip é il metodo più semplice e, allo stesso tempo, infallabile che si possa avere a disposizione per poter governare un popolo", recita in uno dei tanti scritti deliranti.

Epilogo -

La Perfectionism é condannata a risarcire le famiglie che si son rivolte a lei per il "trattamento".

Il padre di Maya ottiene il triplo di quanto sborsato e decide che é un buon risultato.

La madre di Maya torna a vivere la sua quotidiana guerra con la figlia ma con uno spirito nuovo.

Maya sa che prima o poi l'adolescenza passerá e spera che molti problemi si risolveranno oppure saranno spazzati via da altri. 


mercoledì 1 maggio 2013

JANE NON SI GUARDA ALLO SPECCHIO DOPO MEZZANOTTE

I

Jane si desta dall'improvviso quanto urgente bisogno di andare in bagno. Sul telefono legge l'1.25. Deglutisce. Si volta e scorge la sagoma della schiena di Martin, percepisce il suo russare lento e sommesso.
Intorno a lei solo silenzio e buio. Cerca di trattenere lo stimolo ma senza successor alla fine si risolve e si alza. A tentoni esce dalla stanza da letto e raggiunge il bagno, sul lato opposto del corridorio. Accede la lucee si guarda intorno. Alle sue spalle una voragine oscura e pastosa, davanti a lei un cono giallo opalescente. Si stropiccia gli occhi ed avanti di un passo. Quando arriva in prossimitá del lavandino si abbassa di colpo e scatta in una corsetta. Non più di due o tre passi ma tanto le basta per superare lo specchio, che riflette il muro bianco e un pezzo dell'armadietto dei medicinali.
Stessa operazione quando ha finito, per lavarsi le mani si mette di lato, a testa china sul lavabo, come se volesse controllare per bene ció che sta facendo. Piegata supera lo specchio e torna a letto. Mentre scivola sotto le coltri ripensa a poco prima, si sente un po' ridicola ma quella é un'abitudine di cui non ha mai saputo - o voluto - liberarsi.
Negli anni Jane ha perso molte abitudini, con forza di volontá ha smesso di fumare, mangiare carne, martoriarsi le unghie, bere troppo, dire le brutte parole. Non hai mai provato, invece, a guardarsi in uno specchio dopo il tocco della mezzanotte, camminare quasi carponi per evitare il proprio riflesso é ormai un gesto che le viene naturale. In lei, nella sua memoria di bambina, le parole di sua mamma sono ancora scolpite. "Ricordati Jane, non ci si guarda mai in uno specchio dopo la mezzanotte. Gli spiriti si aggirano per la notte in cerca di qualcuno da prendere e portare con sé nel mondo delle ombre. O peggio". Sua madre non le aveva mai rivelato cosa fosse quel "peggio", ma la sua fantasia aveva colmato l'assenza di informazioni proponendole scenari terribili. Anche adesso che é adulta, ha un buon lavoro, una casa, un fidanzato e che nel complesso si sente realizzata, non si guarda mai allo specchio dopo mezzanotte. É il suo segreto tallone d'achille, di cui di giorno di dimentica.
Il pensiero di questa sua incapacitá a liberarsi di questa dipendenza dall'insegnamento materno la tiene sveglia per qualche tempo, immersa nell'oscuritá come sotto una pesante coperta, da sola. "Forse é il momento di passare oltre", si dice parlando con la Jane che abita nel suo cervello. "Come diceva sempre il babbo? Un passo alla volta e potrai arrivare dove vuoi. Faró proprio cosí". Nella sua testa qualcuno mormora, "Non si fa. Non si disubbidisce alla mamma". Jane non sente perchè si é addormentata.

II

Nei giorni seguenti una serie di circostanze si frappongono tra Jane e il suo tentativo di guardarsi in uno specchio dopo la mezzanotte e la giovane donna comincia a pensare che potrebbe lasciar perdere. Jane é ostinata e ha deciso che vuole liberarsi di quella sciocca abitudine infantile.
Arriva finalmente il weekend e, insieme a Martin, esce per un concerto in un locale nuovo ma alla moda. É allegra quando tornano a casa e pensa che una doccia sia ció che le ci vuole per rlassarsi prima di andare a dormire. Mentre apre l'acqua, comincia a spogliarsi le torna in mente il suo proposito. Mezzanotte é passata da una quarantina di minuti.
É allora che Jane é colta da dubbi, si siede sul bordo della vasca, risente la voce di sua mamma. L'ansia la coglie. Pensa di chiudere l'acqua e andarsene a dormire, tenendosi quel suo piccolo segreto, innocuo, per il resto della vita ma la sua testardaggine ha la meglio. Prende un lungo respiro e si alza in piedi, con un mezzo salto si para davanti allo specchio. Di fronte a lei la sua immagine e alle sue spalle il muro. Si concede un sorriso, ma l'immagine resta identica: il make up sbavato, le occhiaie, il viso arrossato e le labbra tirate. Nessun accenno di sorriso. Jane si sente mozzare il respiro e chiude forte gli occhi, li riapre e si guarda ancora. Il suo riflesso é immobile mentre lei fa le boccacce, tira fuori la lingua, si scompiglia i capelli.
Prova a spostarsi, ma non riesce a muovere un passo. É prigioniera degli occhi senza espressione della Jane nello specchio. Prova a chiamare Martin ma non esce suono dalla bocca.
Il panico la coglie, prepotente e strisciante. Si accascia, senza fiato, sul tappeto, gli occhi chiusi, incapace di muoversi.
Dopo quello che le sembra un tempo senza fine, sente alle sue spalle un rumore. Probabilmente Martin. Si solleva in ginocchio e, con la coda dell'occhio, scorge una veste grigia che fluttua a mezz'aria. In preda al terrore si gira di scatto, per cercare una via di fuga ma finisce solo per trovarsi faccia a faccia con sua madre. Le orbite vuote la fissano e un sorriso spettrale si apre sul viso incartapecorito. "Te l'avevo detto", afferma il fantasma della donna risucchiandola in un abbraccio gelido.
Mezz'ora dopo Martin, sentendo ancora l'acqua scorrere, bussa ed entra nel bagno. Jane é sul pavimento, il pallore livido della morte ha già ghermito il suo viso, gli occhi sono vitrei e il corpo comincia ad essere rigido e simile a quello di un fantoccio. L'ultima cosa che Martin riesce a leggere é la frase, scritta con una matita nera per occhi, campeggia la frase "Jane non si guarda allo specchio dopo mezzanotte", poi una donna pallida molto somigliante a quella sdraiata per terra lo accoglie nel suo abbraccio gelido.