lunedì 10 febbraio 2014

LA VICENDA DELLE SORELLE MORÉLL


Due impercettibili bagliori: alle sorelle Moréll, strette dietro i vetri di una finestra del piano terra, fu così che i fanali della lussuosa auto dello zio Marcel apparvero, baluginando nella notte. Era l'inizio di dicembre e la visita dell'anziano era attesa. Le donne dovevano dare all’anziano parente una risposta definitiva alla richiesta presentata durante la visita precedente.
Erano nervose, le cinque donne, ma non si sarebbero lasciate distrarre dai modi sussiegosi dello zio. Osservarono l'automobile percorrere il viale che conduceva all'ingresso della dimora, dove avevano scelto di vivere da recluse dopo la morte dei genitori. Trascorrevano le giornate coltivando le attività a loro più congeniali, grazie alla rendita che lo zio Marcel doveva versare ogni mese alla loro banca, secondo le disposizioni testamentarie paterne.
Non uscivano mai, non avevano spasimanti, non si recavano nemmeno alla messa domenicale, raramente si facevano vedere in paese. Accadeva solo quando dovevano acquistare lo stretto indispensabile e per vendere alla proprietaria del ristorante le loro speciali torte salate. Spesso era avvenuto che qualcuno, soprattutto forestieri, si presentasse a casa loro per acquistarle senza passare dalla locale drogheria. Dopo un piacevole pomeriggio in loro compagnia se ne andavano soddisfatti con i loro tortini e nessuno di loro aveva più messo piede in paese, almeno così spiegavano le donne.
Le eredi della benestante famiglia Moréll avevano sempre vissuto in quella casa, vi erano nate e, quando fosse giunta la loro ora, vi sarebbero morte. Non avevano nessuna intenzione di andarsene e avrebbero fatto qualunque cosa per mantenere quel loro inalienabile diritto.
Lo zio fu accolto con molta solerzia dalle nipoti. Lo fecero accomodare nel salotto dalla carta da parati color smeraldo, davanti al fuoco. Sul tavolino di fianco alla sua poltrona, trovò una tazza del suo tea preferito e un bicchiere di brandy. «É sempre un piacere rivedervi caro zio», esclamò Linney, sorridendo, trascinandosi dietro una riluttante Gertry, precedendolo di poco. L'anziano procuratore si fermò ad osservare di nuovo la giovanetta. Gertry era da poco uscita dall’adolescenza, non era tanto alta ma aggraziata, la delicata curva della schiena fatta risaltare dal vestito nero, la pelle serica e candida. Occhi sorridenti e un nasino delicato le conferivano un certo fascino.
La guardò senza pudore, intensamente, tanto che Gertry abbandonò la stanza, sbattendosi dietro la porta, irritata da quel comportamento. Marcel sogghignò con soddisfazione mentre si accomodava e sorbiva la bevanda calda ed il liquore. Notò che entrambi avessero uno strano sapore ma era molto stanco, voleva una risposta e non ci badò. Era là per una ragione precisa. Marcel Moréll voleva che gli dicessero che si poteva prendere la casa e la piccola Gertry, se avessero risposto positivamente avrebbero potuto rimanere a vivere entro quelle mura  insieme a lui, altrimenti avrebbero dovuto andarsene senza indugio. Era stato molto chiaro in merito. 
Ribadì senza mezzi termini ciò che considerava un suo diritto legittimo, dato che era il loro unico parente ancora in vita.
Invece di rispondergli, con un inchino, Halley e le altre uscirono alla ricerca della piccola, in preda ad una gran rabbia. «Quel maledetto bifolco...», balbettò Halley in preda ad una crisi nervosa, mentre avanzavano lungo il corridoio, «Vorrebbe prendere in sposa Gertry e trasferirsi qui, a vivere. Ha avuto il coraggio di dircelo in faccia, come l'ultima volta che ha posato il suo grasso deretano sulla poltrona, ma vi rendete conto? Nostro zio, fratello di nostro padre...sposare Gertry, che è solo una bambina ed è sua diretta nipote». Le altre quattro la guardarono. «Non lo permetterò!», sbottò Emmeline con rabbia, stringendo i pugni ma Halley la zittì «Ha detto che ci manderà via da casa e sospenderà la rendita se non lo accontentiamo». 
La maggiore delle Morèll si sedette su una poltroncina: «Sostiene che, dato che nessuna di noi è sposata o ha intenzione di farlo, la casa passerà a lui, come unico parente prossimo. La sua intenzione è prendersela il prima possibile, vista la sua età avanzata. Conosce la legge e, senza dubbio, sa come aggirarla. Se non troviamo un modo per liberarci di lui si prenderà tutto ciò che ci è più caro». Scosse il capo sperando di riuscire a scacciare i terribili pensieri che le affollavano la mente.
«Non voglio sposarlo. Punto.», squittì Gertry, seduta in un angolo, sopraffatta dalla notizia. Si strinse le braccia intorno al petto e serrò le labbra in un'espressione di corrucciato rifiuto.
Emmeline e Jacintha camminavano avanti e indietro, riflettendo su come evitare quella catastrofe, l'esser scacciate dalla loro amata dimora e perdere quella che era la quasi unica fonte di sostentamento che avessero. Il peggio sarebbe stato vedere la loro adorata sorellina sposata a quell'essere viscido e avido che si era rivelato essere loro zio. «Ospitiamolo, mentre cerchiamo un modo per fargli cambiare idea. Intanto spero che abbia gradito il tea e il liquore...», disse Jacintea con un sorriso furbetto che le alzava gli angoli della bocca. «É il minimo per nostro zio», le fece eco Emmeline, che strizzò l'occhio alla sorella, intuendo cosa stesse escogitando, con un sorriso sornione.
Nel mentre Marcel Moréll si crogiolava nella poltrona, pensando alla scena, che parecchie stanze più in là si stava consumando. Un largo sorriso da avvoltoio gli si aprì sulla faccia. Dopo pochi minuti, molto più composte e tranquille le cinque sorelle tornarono dallo zio. Catherine gli si inginocchiò di fianco a lui e gli propose di fermarsi presso di loro per tutto il tempo che avrebbe voluto. Gli ricordarono che poco mancava a natale e che avrebbero potuto trascorrerlo insieme. Per la prima volta avrebbero partecipato ai consueti trattenimenti organizzati dalla comunità. 
L'uomo fu sorpreso dell'invito ma non rifiutò, sentendosi già proprietario di tutto e, vivendo lì, avrebbe potuto attingere all'eredita delle nipoti e spenderla come avrebbe voluto.
Ma nulla andò come si era immaginato l'avvocato. 
Nei giorni che seguirono il suo arrivo a casa delle nipoti, le sue condizioni di salute peggiorarono. Nonostante le premurose cure delle cinque donne. Al mattino lo accompagnavano al salottino, lo aiutavano a mangiare, gli leggevano i libri o sceglievano i dischi più belli da ascoltare. Si avvicendavano, premurose, al suo capezzale e non mancavano mai di preparargli brodi caldi, tisane, manicaretti preparati per lui. Nonostante il cagionevole stato di salute l'uomo rimase fisso nella sua idea: mettere le mani su quella villa, sui soldi, su Gertry.
In meno di una settimana il vecchio non poté più alzarsi dal letto e, per quanto esse si prodigassero, subito prima di natale, spirò. Fu chiamato subito il medico, le cinque sorelle si sentirono dire che doveva essere eseguita un'autopsia e non poterono rifiutare ma chiesero, ottenendolo, di potersi portare a casa la salma una volta terminati gli esami. 
Il responso fu che il vecchio Marcel Moréll era morto per le complicazioni di una malattia molto comune: la vecchiaia.
Il funerale si svolse dieci giorni dopo, alla presenza di tutti gli abitanti del villaggio e quella sera servirono, a coloro che andarono a far loro visita, quello che fu definito il miglior tortino che avessero preparato fino ad allora.
Ripresero la vita di sempre ma un giorno dalla capitale giunse una lettera che chiedeva la loro presenza in città e lasciarono la casa che tanto amavano. 
Passarono mesi, poi un giorno arrivò una donna mai vista al villaggio, chiuse le imposte, appese un cartello per la vendita nel giardino e se ne andò. In poche settimane la dimora dei Moréll fu venduta ad un gruppo di artisti, che vi si stabilirono, occupando ogni ambiente a disposizione: dalla soffitta alla cantina.
Furono eseguiti una serie di interventi di ristrutturazione e, durante uno di questi, la cantina restituì una ventina di scheletri, appartenenti a uomini e donne, tra cui quello che fu riconosciuto appartenere a Marcel Moréll. 
I resti erano semi sepolti sotto quella che sembrava essere una presa d'aria ma che, fu dimostrato essere in collegamento con la cucina. Gli investigatori  riuscirono a risolvere il mistero grazie ad un «ricettario», forse dimenticato apposta sul tavolo di cucina, e la verità fu rivelata in tutta la sua crudezza: per anni le dolci e riservate fanciulle avevano venduto torte ripiene di carne umana ai loro concittadini, l'ultimo preparato con la carne del loro stesso zio.

4 commenti:

  1. Ciao , passavo per i vari blog e sono capitato qui ! Niente male i tuoi scritti. Sono un autore anche io ! Se ti va vieni nel mio sito e aggiungimi alle tue cerchie http://marianociarlettascrittore.blogspot.it/

    RispondiElimina
  2. Mariano take care!! Mi aggiungo subito :)

    RispondiElimina
  3. Ciao! C'è un premio per te sul mio blog.
    http://miriam-mastrovito.blogspot.it/2014/03/secondo-premio-liebster-award.html

    RispondiElimina
  4. Ciao, sono riuscita a leggere, finalmente qualcosa di tuo!... E mi è piaciuto molto complimenti...
    Sv Babooshka

    RispondiElimina